domenica 15 gennaio 2017

VERBO - Antonino Paladina

VERBO
Antonino Paladina
            La gentile e graziosa ucriese ing. Scalisi Maria mi ha invitato a scrivere sul mensile “La cruna dell’ago” su quanto fosse inerente ad Ucria, alla sua storia, cultura, costumi, tradizioni.
            La levatura culturale dei “giornalisti”, i cui articoli ho letto nella rivista – on line, mi hanno per un verso inorgoglito campanilisticamente e per un altro verso scoraggiato a scrivere qualcosa su Ucria: ma una promessa è una promessa.
             Dei costumi ed il fenomeno della globalizzazione ha relegato Ucria – paesino poco più che post-medievale fino ai primi anni del ‘50 - ad oggetto di nostalgia di un periodo magico della nostra vita individuale.
            La matrice culturale di Ucria discende dalla principale attività del paese: agricoltura e allevamento. La notevole emigrazione verso l’estero ed il nord dell’Italia, a seguito della industrializzazione del dopo guerra, ha portato ad una forte diminuzione di occupazione nell’attività agricola. I primi tempi degli anni ’70 emigravano i giovani, dopo un decennio circa, anche gli anziani andavano al Nord. Molti giovani studiavano fuori e non tornavano più ad Ucria.
            Lo spopolamento del paese ha generato un notevole “impoverimento generale”. 
            Sono però presenti tanti elementi culturali, linguistici e elementi storici che vanno preservati dall’effetto tempo: alcuni dicono che il tempo è galantuomo (?).
            In estate, alla fine del periodo scolastico che trascorrevo a Messina in collegio, tornavo ad Ucria con la macchina del sig. Turi “Tataranchio” una Lancia Flavia,  chiedo perdono ma non ricordo il cognome ( Lembo???) di questo signore.
            Secondo i principi pedagogici vigenti ad Ucria in quel tempo “pi nun pigghiari vizi” mia madre mi portava con sé in campagna a lavorare tutti i giorni.
            A luglio si andava a tagliare l’erba nei noccioleti per facilitare, a settembre, la raccolta delle nocciole.
            Andavamo a lavorare “a iurnata” insieme ad altre persone; il gruppo di operai costituiva “l’antu”.
            Disposti in fila obliqua si tagliava l’erba sottostante ai noccioleti. Orario di lavoro:
7.00- 9.00, colazione, 10-13.00, pranzo, 14.30-17.30.
            L’antu procedeva da destra verso sinistra guidato da spata (il primo operaio in alto) che tagliava con la falce l’erba che spinta dal “mazzuni” discendeva verso i secondo operao e così via, chiudeva l’antu ‘u biccheri  che faceva i runci (cumuli di erba recisa)  la mia carriera inizio come acqualoru, e successivamente  a fari i zuccati, fino a che, anch’io, fui misu all’antu.
            Fine agosto e settembre si raccoglievano le nocciole.
            Spesso si verificavano temporali estivi con abbondanza di tuoni e lampi.
            Tutti scappavamo verso un rifugio, seppur precario di un “pagghiaru” al riparo dal temporale.
            Qualcuno durante l’attesa che il temporale si sfogasse, diceva “dicimo u Verbu cussì ‘ni scanza du malu tempu”; ed io che conoscevo questa preghiera recitavo il Verbu.
            Non ricordo dove ne quando ho imparato questa preghiera, probabilmente ero piccolo.

‘U VERBU

Verbu sacciu e Verbu vogghiu diri
Verbu ‘ncarnatu ‘ì nostru Signuri
‘ca chista Cruci vinni a muriri
Vinni a muriri pi nui piccaturi.
Piccaturi e peccatrici
La viditi quant’è bedda chista Cruci?
A la cruci lu videmu a Gesù lu bonsapemu.
Alla valli Gesù fa rosi e sciuri ci su dda.
Ranni e picciuli ama essiri dha

San Giuvannuzzu misu di latu
cun libruzzu d’oru liggennu e scrivennu
O Signuri, o Giuvanni,  pirdunamu i piccaturi
Giuvanni nun li pozzu pirdunari
ca sunu dispittusi e fanu guerri
Travagghiunu di festi principali
Bestemmiunu e rinneganu la fidi
La Matri Santa rispunni e dici:
Lu Verbu cu lu sapi tri voti lu dici
Cu nun lu sapì si lu ‘nsignirà
Cu lu senti e nun lun ‘mprenni
Setti virgati di focu arriprenni
Cu lu sapi e nun lu dici Gesù Cristu lu maladici.


            In genere il temporale si quietava e l’antu era sicuro che la recita del Verbu li aveva salvaguardati dalle intemperie.
            In alcune parti il senso logico della preghiera stenta ma credo incarni il senso religioso comune.
            Sarei veramente contento se qualcuno che conosce questa preghiera volesse socializzare la sua versione.



Nessun commento:

Posta un commento