domenica 15 gennaio 2017

DELL’INSEGNAMENTO DELL’EDUCAZIONE CIVICA NELLE SCUOLE - Giovanni Rigoli

DELL’INSEGNAMENTO DELL’EDUCAZIONE CIVICA NELLE SCUOLE   
Giovanni Rigoli  
                                                                                                                           

Desidero sottoporre all’attenzione dei  lettori del  “ La Cruna dell’Ago” una questione che mi sta molto a cuore: l’insegnamento dell’Educazione Civica nelle scuole. Spero di sbagliarmi, ma credo che non esista una cattedra relativa unicamente all’insegnamento dell’Educazione Civica e del Diritto Pubblico e Amministrativo. Negli  Istituti Tecnico Commerciali si  insegna il Diritto, ma non ha nulla a che vedere con l’insegnamento dell’Educazione Civica; nei  Licei e nelle altre scuole secondarie non si insegna Educazione Civica, fatto salvo qualche sporadico caso dovuto alla buona volontà di docenti particolarmente sensibili, generalmente sono professori di Storia e/o Filosofia che dedicano all’Educazione Civica qualche ora del loro insegnamento, mentre studiare e capire il complesso funzionamento dell’Amministrazione Pubblica con i suoi giochi di pesi e contrappesi  è tutt’altra questione. Pur riconoscendo quanto sia lodevole l’impegno di quei professori  illuminati che per conto loro prendono l’iniziativa di sviluppare nei loro programmi scolastici argomenti relativi all’Educazione Civica, resta comunque  necessario il bisogno di istituzionalizzare tale insegnamento in tutte le scuole e renderlo  obbligatorio a partire dalle prime classi al fine di formare, preparare e fornire gli strumenti allo studente per affrontare la vita in comunità con i propri simili. Si parla molto di democrazia, di migliorare la società, di cambiamento ecc. , ma come si può parlare di democrazia se il popolo non prende coscienza di cosa sia una autentica democrazia, se non sa cosa sia avere una retta concezione della persona umana, se non partecipa a costruire e a mantenere uno stato di diritto? La società può essere migliorata se ognuno ha consapevolezza e volontà forte di agire per il bene comune e solo per il bene comune, quindi lottando prima di tutto con se stessi  per  vincere il proprio egoismo. Solo dopo aver preso  coscienza del passato e del presente si potrà parlare di cambiamento, ponderando  ogni  idea  o  ipotesi di cambiamento  affinché non sia  un salto nel buio, ma  un lento e saggio modo di cambiare, percorrendo segmenti orientati verso la “luce” e non un camminare per vie tortuose, né un camminare all’indietro e incoscientemente ripetere errori che la storia ha già bollato come nefasti.  Sarebbe buona cosa se in  Italia, ognuno singolarmente ed anche in gruppo, specialmente tra le prolifere associazioni culturali, venissero fatte delle riflessioni in proposito, facendo degli incontri per confrontarsi  serenamente , avendo a cuore di fare emergere con chiarezza la propria identità, a tal proposito,  potrebbe  essere  utile  tenere in considerazione le parole di San Giovanni  XXIII : “prendiamo ciò che ci unisce e lasciamo ciò che ci divide”, e aggiungerei  di prendere il meglio di ciò che ci unisce  per migliorare noi stessi. Al contempo iniziamo a lavorare alacremente  per aiutare le nuove generazioni nella loro costruzione identitaria:  i nostri ragazzi debbono sapere da dove provengono, chi sono e conseguentemente capire quale può essere il loro naturale sviluppo umano, sociale e culturale. E’ necessario un serio e forte impegno affinché il nostro grado di civiltà si possa avviare verso una crescita significativa. Solo un intenso lavoro in sinergia può rivitalizzare il futuro dei nostri giovani e cancellare in noi la tristezza e la preoccupazione di non essere all’altezza di consegnare loro in eredità un mondo ricco di valori positivi almeno  tanto quanto  è  stato consegnato a noi.


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