venerdì 14 ottobre 2016

I FIORI DEL MALE TRA POESIA E REALTÀ - Achille Baratta

I FIORI DEL MALE TRA POESIA E REALTÀ
Achille Baratta
Tutto torna in una ventata di scirocco nelle nostre valli verdi e tutto si mescola tra letteratura, coltivazioni, irrigazioni e vita.
La cronaca attuale registra come atti di cronaca nera l’iniziativa dell’assessore all’agricoltura che insieme al fratello coltivava marijuana. Poi, a Tortorici, la valle dell’ingegno assediata dalla povertà, scattano i primi arresti per coltivazione di marijuana.
Pure donna Ciccia non resiste alla tentazione di coltivare questa pianta nel suo balcone, non conosce l’attuale legge italiana e la ostenta ai passanti come uno dei suoi suoni preferiti.
Nessuno si domanda se questa pianta fosse legalizzata che cosa succederebbe?
Cantone ci ripensa e la propone come il fiore anticorruzione.
La situazione sembra ripercorrere quella letteratura e in tutto quello che è comunicazione e poesia.



Per leggere, per comprendere Baudelaire, occorre anzitutto rendersi conto del posto ch’egli occupa nella storia della poesia, non solo francese. Non certo per ubbidire a più o meno validi metodi storicistici, ma perché la critica, da quella più lontana a quella più vicina, ha resistito sempre meno alla tentazione di definirlo in un confronto negativo con ,il Romanticismo. per accentuarne il distacco, e mostrarne tutta ['originalità.
In realtà, la sua opera si è rivelata sempre più chiaramente, e in tempi non molto lontani, una pietra miliare nel cammino della poesia moderna, e si è come inverata nei poeti venuti dopo di lui, autorizzando una specie di processo contro /'epoca precedente. Già Sainte-Beuve, suggerendo fra mille timori e sospetti alcuni «petits moyens de défense» per ribattere la pubblica accusa contro le Fleurs du Mal, impostava il discorso in questo modo: «Tout était pris dans le domaine de la poésie. Lamartine avait'ris [es cieux, Vietor Hugo avaitprisla terre etplus que la terre. Laprade avait pris les forets. Musset avait pris la passioo et l'orgie éblouissaote. D'autresb avaient pris le foyer, la vie rurale etc. Théophile Gautier avait pris l'Espagne et ses hautes couleurs. Que restait-il? Ce que Baudelaire a pris. Il y a été commeforcé».1 Equi sembra che Baudelaire sia arrivato buon ultimo dopo un lauto banchetto, e abbia dovuto accontentarsi di quello che gli hanno lasciato (quasi delle "briciole"i, agendo in uno stato di necessità, e producendo dunque una poesia strana, diversa, insolita.
Ed è ancora Sainte-Beuve a parlare altrove di «folie Baudelaire», di un chiosco singolare eretto all'estrema punta «du Kamtchatka romantique». Più sottile, ma in sostanza analoga, l'argomentazione di Valby (ripresa, fra gli altri, anche da Benjamini, in un celebre saggio intitolato appunto Situatioo de Baudelaire: il problema che Baudelaire dové porsi, coscientemente o inconsciamente, fu quello di essere un grande poeta, ma di non essere né Lamartine" né Rugo, né Musset. Tale proposito fu la sua stessa ragion d'essere., anzi la sua raison d'État, c~e lo costrinse a opporsi sempre più recisamente al sistema, o all'assenza di sistema, che si chiama Romanticismo. E Valéry si confortava nella sua convinzione citando le parole di Baudelaire, in uno dei progetti di prefazione alle Fleurs du Mal, e che riecheggiano in parte quelle di Sainte-Beuve: Des poètes illustres s'étaient partagé depuis longtemps les provinces les plus fleuries du domaine poetique. Il m’a paru plaisant, et d’autant plus agreable que la tache etait plus difficile, d’extraire la beautè du Mal.
Estrarre la bellezza del male non è forse il compito principale della nostra società.
Pensate per un attimo, con una nuova mentalità e ammettiamo, per ipotesi, che coltivare marijuana diventi legale e che, finalmente, possiamo abbandonare la nostra cultura prevalente del noccioleto con quello della marijuana.
Prendere atto di una nuova realtà è dei pochi che non restano legati al passato ma guardano avanti, guardando alle potenzialità di un territorio che può farci tornare nuovamente ricchi, fuori dalla attuale disperazione della disoccupazione e della fame vestita a festa.
Il parallelo con Baudealire è vivo e costante: la morale, il potere, la religione, lo stato e le sue leggi:
Multitude, solitude: termes égaux et convertibles pour le poète actifet fécond»., scrive Baudelaire nel poemetto in prosa Les Foules. E nelle Fleurs du Mal, per quello che abbiamo detto finora, c'è più di un momento in cui la poesia si unisce alla carità, in una «sainte prostitution de l'ame», in un'orgia di amore ineffabile per gli altri. Baudelaire ha épousé le illusioni dei cenciaioli ubriachi, le condizioni miserabili e la rivolta della «race de Cain», ha esaltato la morte quale unica ragione di sopravvivenza e di consolazione per i poveri, ha provato pietà, simpatia per i malati, gli emarginati: zingari, pazzi, prostitute, banditi, saltimbanchi, vedove, persone sole o maniache hanno come eccitato la sua fraterna compressione. Eppure, anche in quegli stessi momenti, specie se considerate nell'ambito della 5truttura generale delle Fleurs, e di tutta la 5ua opera, si avverte più netta la sua solitudine, per una.curiosità di conoscenza, e un'avidità di partecipazione segnate però dal più radicale pessimismo.
Con quest’ottica del cittadino scalzo vestito da ricco occorre meditare su un cambiamento radicale di un territorio che viene dai gelseti del baco da seta per trasformarlo in un incanto verde che dà la marijuana, senza dimenticarne la ricchezza.
Importiamo e paghiamo è questa la legge della nostra attuale situazione economica.
I nostri politici chiedono finanziamenti e quando li ottengono li vendono come ripresa economica.
Gli appalti li curano sotto l’egida di Cantone che invece dice “Andate avanti e legalizzate la marijuana”.
Noi siamo integri, o almeno così diciamo, e le droghe ci fanno paura; non osiamo neanche pensare che lo sviluppo dei nostri territori abbandonati possa passare da quella che noi assieme alla “minchia” riteniamo una parola da non pronunciare.
Ancora, ritorna, Baudelaire che così rinnova il suo pensiero in una poesia pesante ed elaborata ma di contenuto:
Bizzarra dea, bruna come le notti,
dal profumo misto di muschio e d'avana,
opera di un obi, il Faust della savana,
strega dal fianco d'ebano, figlia delle nere mezzenotti!
Altro che constance, oppio e nuits!
E’ all'elisir della tua bocca che si pavoneggia amore!
Con i miei desideri a carovana verso di te,
son cisterna per abbeverare la mia noia quei tuoi occhi!
Demone senza pietà, versami meno fiamma
dni grandi neri occhi spiragli dell'anima!
Non sono certo lo Stige per abbracciarti nove volte!
Non posso certo, Megera libertina,
diventare Proserpina nell'inferno del tuo letto
per spezzarti il coraggio e metterti alle strette!
Satana o Dio? Noi che vogliamo vivere la nostra terra non sappiamo scegliere, la competenza è di chi abbiamo delegato a rappresentarci in Parlamento a cui come per Baudelaire qualcuno ci vieta l’accesso, nel nome della giustizia divina o umana?
Mio caro Baudelaire, tu ancora vivi e ci parli, noi ritorniamo e andiamo in un apparente movimento ma è solo un pendolare, siamo legati a quel punto che ci tiene sospesi per restare in quell’ipotetico e irreale “vorrei” che Santino Spartà così esprime e racchiude in un pensiero poetico:



Vorrei
Vorrei che la primavera
restasse sempre appesa
alla mia innocenza
e l'autunno sfumasse
nelle dita di peonie
con la sua struggente nostalgia.
Esilierei l'estate
lungo le battige
e ai due poli
lascerei l'inverno.
Ma poi son sicuro
di non aver bisogno
di queste due stagioni
messe al bando
dal mio egoismo?
Guarda che combinazione, pensando alla marijuana ho preso una poesia di un libro che si intitola “Continuo a remare”, dimenticando che l’umano ha un limite e una scadenza e si agita tra il legale e l’illegale stabilito da un parlamento di uomini e di donne che, mi auguro, siano più illuminati possibile per garantirci un domani che ogni giorno sembra sempre di più inafferrabilmente patetico.


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