martedì 14 giugno 2016

MOSTRA DI PITTURA di Giuseppe Lembo detto Pippo Ucria…..oggi ! Uno sguardo nel passato per parlare del futuro.

MOSTRA  DI  PITTURA  di  Giuseppe Lembo detto  Pippo
Ucria…..oggi !
Uno   sguardo   nel   passato   per   parlare   del  futuro

Giuseppe Lembo

Quando ho esposto tempo fa’ alcuni  di questi acquarelli, ai  presenti ho voluto raccontare prima un po’ di storia di Ucria e poi  ho detto  di  quell’ umanità che fino gli anni ‘70 ha animato il nostro paese.  I quartieri, le vie, le case oggi molte disabitate, ad un visitatore distratto e affrettato, possono apparire niente altro che  ruderi inanimati, a volte fatiscenti e anche pericolosi. Ho parlato di quel popolo, fino a oltre 3000 persone, che  dava vita al paese, brulicava nelle strade, stipava  i quartieri , riempiva le case. Ho detto di quelle piccole stanze dove intere  famiglie vivevano, con  il piano terra occupato  da galline, con l’asino o   il mulo,  il  maiale o la pecora. Una coabitazione per niente innaturale, anzi chi più aveva più era ricco. Tutto si misurava sulle necessità soddisfatte. Ho parlato delle molte  botteghe,  rivendite di generi  alimentari essenziali, le tante botteghe del vino , sempre animate, luogo di svago e di socializzazione oggi si direbbe. I fabbri, i falegnami, gli ebanisti, i muratori, il marmista, i calzolai, gli scalpellini, lo stagnino, tutti maestri artigiani di grande bravura. I sarti, le sarte, le ricamatrici e le tantissime giovani ragazze che occupavano il loro tempo libero imparando a cucire e ricamare, le mercerie, la cartoleria, i forni, i barbieri, la gioielleria. Di Franciscu, di Tanu, di Ninu  e di Turi,  venditori paesani di stoffe e semplice abbigliamento, che ogni giorno con i loro richiami svegliavano  il paese. I primi taxi o meglio le macchine a noleggio, cinque quelle riconosciute. I negozi di abbigliamento, di calzature, persino il mercato  coperto. Niente mancava per soddisfare i bisogni di una comunità operosa. Se qualcosa non si trovava nel paese, si aspettava i rivenditori che arrivavano con le loro ricche bancarelle per le Feste: il 3 di maggio e  il 14 settembre per  il SS. Cristo della Pietà, l’ultima domenica di ottobre per la Madonna del Rosario, il  4 novembre per la festa dei combattenti, la più attesa perché si era venduto il raccolto delle nocciole  e si poteva spendere di più. Aspettavamo sopratutto noi bambini di allora  le feste, con le sue bancarelle piene di giocattoli, tutti rigorosamente di legno e metallo, niente plastica.      
                                  


   
                                                                                                                                 Contadini e braccianti, operai, pastori, pochi impiegati, maestri e  medici, il farmacisti e l’avvocato. Ecco  Ucria allora.      Le stesse persone, che mai erano state qui da noi, adesso guardavano con occhi diversi  i quadretti di Ucria ...oggi!                                   Il quartierino  spopolato, i balconi di quel colore verde azzurro segno di una tinteggiatura che colorava un tempo  molti nostri balconi e finestre; il vetro rotto di una finestra in una casa abbandonata; il sesto di un forno antico su una parete alla luce del sole per  la caduta di tetto e solai; una cucina antica che ancora porta il nero di tanto fumo sprigionato da legna bruciata nel  focolai;  la tristezza di un vecchio balcone in legno di castagno che ancora resiste a tutte le intemperie impreziosendosi nei colori delle venature antiche; lo spettacolo che si presenta uscendo dal  passaggio coperto sotto la chiesa matrice.                           Tutto ciò comincia ad animarsi nella mente del visitatore.  Li accompagno nella piazzetta antistante la bellissima Chiesa matrice,  dove si ammirano le due scalinate che conducono alle entrate, gli eleganti palazzi che la contornano. Di  pregevole fattura il cancello in ferro battuto che immette al prospetto principale della chiesa. Lo stesso conserva da secoli il segreto di una, io penso, non casuale coincidenza, che un occhio attento potrà  notare: un altro simbolo di Ucria, monte Cuculo, viene a cadere in mezzo alla chiusura superiore del cancello, formando un quadro a se. Entriamo, colpiti da tanta bellezza per loro  inattesa, avanziamo  verso l’altare maggiore, di rara fattura, poi  volgiamo lo sguardo verso gli altri altari, il Sacramento, le statue della scuola del Gagini, i quadri. Infine l’abside, attualmente con il Dio nascosto da un affrettato restauro degli anni ’60 e da me riproposto. Stupore e ammirazione per tanta Arte. Incamminandoci verso l’uscita, abbagliati dalla luce che proviene dall’esterno, ammiriamo le maestose colonne di granito, gli antichi  lampadari  con mille gocce di cristallo, gli altari laterali, il crocifisso ligneo  ed in fondo l’organo grandioso.   
Ancora un’altra emozione parlando  di antichità. Li  conduco a vedere i resti della chiesa della Madonna della Scala,  le colonne e i capitelli di cui e’ disseminata, accanto i resti del convento.   
                                        

                                                     

 Non poteva mancare uno sguardo all’oggi. Li accompagno per vedere come, quando si ama  cio’ che si ha, con creatività,  una scalinata in pietra, un piccolo quartierino ricco di porte e piccoli balconi,  con la paziente opera di una famiglia che fa inerpicare molte piante di rosa rampicante di colore diverso, si crea una esplosione di multicolore in questo mese di maggio dedicato alle rose. Un aspetto molto presente, ieri piu’ di  oggi, e’ la fede. Per ogni festa religiosa  passa  la processione nei quartieri, con il corteo della Vara e le statue dei Santi, seguita da tantissimi fedeli. Ed ecco, chi non potra’ andare dietro alla Vara,  appostati  lungo una scalinata o appoggiati ad un muretto in alto, le nostre mamme  in attesa, per  salutare il nostro SS Cristo della Pieta’.
Ancora due luoghi, per me intimi, di Ucria…oggi. Il quartierino dove sono nato e cresciuto. Quì negli ultimi anni mi ritrovo sempre più spesso e dove  vivevano tante persone, oggi se ne contano quanto le dita di una mano. E’ rimasta la bellezza delle scalinate, l’arco, le case, tutto costruito con pietre che  d’estate emanano tanto calore e le rondini, da sempre puntuali, ci allietano con il loro canto. Ed infine quest’altro angolo, dove molto presto ogni mattina, da fine aprile, scostando la tenda della mia cucina assisto alla  potenza dei raggi del sole nascente che, irradiando la parete  del vicino, colora di rosa  tutto il quartierino. Tutto questo mentre si ripete la magia del primo caffè.                                                                                                     
La felicità di avere dipinto queste realtà mi scaturisce pensando al futuro. Al nostro paese come oggi è e come io lo immagino.
Noi siamo e sempre più saremo gli artefici di questa storia da scrivere. Valorizziamo e rispettiamo quanto abbiamo ricevuto da nostri  padri, i beni comuni, la terra, “sarva chi servi” si diceva, le risorse naturali, i beni storici e i tanti beni artistici. Tutto questo potrà servirci da volano per costruire opportunità di lavoro, per il benessere di quanti coraggiosi  vogliono resistere e continuare a vivere ad Ucria. Quanti mestieri nel nostro paese hanno portato benessere,  quanta terra si lavorava con fatica. Ritorniamo ad essere intraprendenti.                                                                                                                                                   Ho dipinto per contribuire a  fare conoscere  Ucria.




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