sabato 14 maggio 2016

SANT'ANGELO DI BROLO 1804 UN AGENTE SEGRETO AL SERVIZIO DI SUA MAESTA' L'IMPERATORE - Luigi Pinzone

SANT'ANGELO DI BROLO 1804
UN AGENTE SEGRETO AL SERVIZIO DI SUA MAESTA' L'IMPERATORE
Luigi Pinzone
Carlo Gottardo Grass, scrittore, poeta e pittore, nacque il 19 Ottobre 1767 a Serben, un piccolo paese della Livonia, una regione tra la Lettonia e l'Estonia. Morì il 3 Agosto 1814. Innamorato dell'Italia, come tutti i pittori di scuola Svizzero-tedesca, nel 1791 conobbe Goethe, il quale ebbe a riferirgli testualmente “Sizilien ist noch schoener als das neapolitanische Land”, rafforzando in lui la curiosità di visitare e dipingere i magnifici panorami siciliani.  Quando, dopo essersi trasferito a Roma (1803) ebbe l'occasione di visitare la Sicilia a spese di un mecenate non si fece pregare. In particolare visitò il territorio di Sant'Angelo di Brolo. Scrisse “Sizilienische Reise” pubblicato a Stoccarda e Tuebingen postumo nel 1815. Il fatto che prendesse sempre degli appunti e dipingesse quei luoghi fece sorgere il sospetto che egli in realtà fosse una spia napoleonica. E tale sospetto è corroborato dal fatto che i suoi numerosi dipinti furono al ritorno venduti a Gioacchino Murat a Napoli. Essendoci in quel particolare momento storico (1804) il timore che Napoleone potesse invadere la Sicilia, quale posto si sarebbe prestato meglio ad uno sbarco che Brolo, cosa che avvenne nella realtà ma in un altro contesto storico, cioè nel 1943 quando sbarcarono gli americani? Ecco perchè egli venne accolto con diffidenza dagli indigeni siciliani pur nel rispetto della squisita ospitalità che distingue gli abitanti dell'isola. Quello che ci preme oggi comunque non è il sapere se fosse una spia o meno. Ci interessa infatti ciò che ha scritto sul suo viaggio ed in particolare il capitoletto che riporto punto per punto e parola per parola, tradotto in italiano tranne le parti in corsivo già in italiano nel testo.
“VIAGGIO DA GIUSA ATTRAVERSO L'INTERNO PER SANTA DOMENICA ED AI PIEDI DELLA PARTE NORD DELL'ETNA. Il caso volle che il commerciante aidonese (Filippo Conti) dovesse fare lo stesso viaggio che era nel mio programma. Dopo aver noleggiato i cavalli ci siamo messi in cammino il 22 Settembre. Così svanì tutto il mio timore di percorrere senza compagni una strada completamente sconosciuta e poco frequentata. Fui preso dal vivo piacere di attraversare per la prima volta l'isola e di poter vedere l'Etna da una parte per me completamente sconosciuta anche da altri viaggiatori. Davanti alla mia immaginazione si presentarono allora le romantiche e incantate vallate che io avevo già collegato al magico nome dell'Etna. La nostra strada ci portò prima per diverse miglia nella fiumara di Gioiosa della quale fino ad allora avevo visto solo la foce...... Sempre più il ruscello scorreva attraverso campi tranquilli...Rùvoli, una specie di altre querce, sporgevano i loro rami sulla strada. Aranci, fichi, granati facevano qui da corona ad una casa contadina. Là si vedevano pioppi avvolti da viti... Fino a quando restammo nella vallata si mostrò una superficie piana sulla quale si potevano trovare le tracce di una strada; ma quando si cominciò a salire su un costone della montagna, il viottolo divenne così scosceso da costringerci a fare la maggior parte del cammino a piedi. Tutto intorno però il terreno si mostrava quanto mai fertile. Alberi da frutta di ogni specie, soprattutto i fichi, fanno qui a gara in grandezza con gli alberi selvatici. Intorno alle molte capanne sparse solitarie qui e là si notava l'abbondanza delle viti. Volevamo comprare dei fichi, ma poiché non ne avevano di già raccolti, si permise alla nostra guida di salire sugli alberi e di raccoglierne gratuitamente quanti ne desiderasse. Questo faticoso cammino, anche se sempre alternato da quadri di rigogliosa fertilità, durò quasi tre ore. Quando arrivammo in alto Sant'Angelo si trovava sotto di noi nella vallata. A causa della giornata nuvolosa da quel momento sparì per noi la vista della costa e delle isole. Le uniche persone che incontrammo erano i conducenti degli animali da soma, che carichi di frumento scendevano dalla montagne. Soltanto con estrema difficoltà potemmo cedere loro il passo su quegli stretti sentieri rocciosi. Finalmente raggiungemmo una capanna chiamata Fundachello o locanda, dove però non c'era nulla da comprare. Da lì potei vedere tutta la vallata che scende con i suoi declivi verso Sant'Angelo, i cui villaggi vivono di allevamento del bestiame e coltivazione del grano e contano tra i loro principali prodotti commerciali le nocciole. Un religioso che si trovava a Fondachello, ma che era di un villaggio vicino, cercò di persuadermi a stappare una bottiglia di vino di Lipari che avevo ancora con me; ma quando io rifiutai la sua richiesta, rassicurandolo che a Sant'Angelo avrebbe potuto aver dell'ottimo vino, venni a sapere che la mia cattiva fama si era diffusa fino a Lucrè (Ucria) e ad altri villaggi che egli stesso mi nominò”. (1)
Rilevanti notizie dunque sull'economia nei primi dell'ottocento sulla zona dei Nebrodi (il vecchio Valdemone) che interessa la nostra analisi, e una conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che il termine Ucria non è etimologicamente derivato dall'arabo ma dal greco, questo a mio modestissimo parere e nel rispetto di opinioni che altri più ferrati di me in materia possano manifestare. Una notazione geografico-etimologica però mi permetto di farla proseguendo virtualmente il viaggio del Grass da Fondachello e girando lo sguardo verso est. Sulla mulattiera che conduce a Novara di Sicilia si trova una rocca denominata dai locali “ 'A paràta 'a mula” (La pedata della mula) Per giustificare  detta denominazione si racconta dagli indigeni (io non ho mai visitato il sito) che San Michele diretto a Sant'Angelo a dorso di una mula, vide il Diavolo sopra la rocca  e scese per ucciderlo mente la mula si imbizzarrì puntando le zampe sulla rocca e lasciandovi impresse le orme (da qui deriverebbe il nome la pedata della mula). In realtà, si tratta di una spiegazione ad usum delphini perchè “parà ta myle” in dorico significa “presso la roccia”, quindi denomina il sito esistente nei pressi della roccia Ciò denota la presenza in loco di elleni di stirpe dorica, che come è notorio colonizzarono la Sicilia tra il 736 e il 36 a.C. Quindi è certa la presenza ellenistica  già oltre duemilacinquecento anni fa, storicamente certificata anche dalla presenza di città fiorentissime come Abakainon, in parte venuta alla luce nei pressi del vicino paese di Tripi, una vera e propria polis con una estensione molto ampia sol che si pensi che Abakainon comprendeva villaggi come Fournos (Furnari), Falkes (Falcone), Pactue (Patti Marina), Temenos (poi Timeno oggi San Piero Patti) Elikòn (Montalbano Elicona), Basko (Basicò), Mazaràkis (Mazzarrà), Tundareos (Tindari), ecc., mentre gli arabi invasero la Sicilia e la occuparono dall'827 fino all'arrivo degli Altavilla quasi alla fine del sec. XI d.C. E' notorio anche che nella zona ci fu anche una massiccia presenza ellenistica bizantina, ma questo prima del sec. IX e dopo l'XI secolo d.C., quando i Normanni rivitalizzarono i conventi basiliani distrutti dagli Arabi o abbandonati dai monaci per fuggire agli stessi. Questo la dice lunga intorno alla favola che viene raccontata relativamente alla tolleranza degli arabi, che avrebbero permesso ai “locali”di professare una fede cristiana anche se  dietro pagamento di una geziah. In realtà il Convento di San Michele Arcangelo di Sant'Angelo di Brolo fu quasi completamente distrutto dagli arabi e ricostruito nel 1084 da Ruggero I. Nel Valdemone con i normanni vi fu un gran rifiorire di conventi basiliani e tra quelli più vicini si ricordano quello di S. Nicolò de la Ficu sito a Est del sito dove sarebbe successivamente sorto il paese di Raccuja e quello di San Niccolò di Ise che il Pirri pone ora a Gesso ora a Ucria. (2) Però detta presenza a Ucria non è mai stata documentalmente accertata se non da toponimi quali Vasìli (S. Basilio) e Santu Nicola. Mi riferisco naturalmente a Santu Nicola vicino al campo sportivo. E' mia personalissima opinione, infine, che neanche il paese di Ucria fosse ancora sorto, almeno nella forma attuale. Vi era un Casale di Ucria, nome rinvenuto da qualche topo di biblioteca mezzo secolo fa e riferito alla metà del sec. XI d.C.
Carpi di Modena, lì 04.05.2016
LUIGI PINZONE
Note:
1)                 CARLO GRASS Sant'Angelo di Brolo 1804 – Storia di Sicilia Documenti inediti e rari – Editrice Pungitopo Patti 1992
2)                 ROCCO PIRRI Sicilia sacra disquisitionibus et notitiis illustrata, in BURMANNI, Thesaurus antiquitatum et historiarum Siciliae, t. II e III






                                                    


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                

                                                                                            

Nessun commento:

Posta un commento