giovedì 14 aprile 2016

Il richiamo "d'i rocchi i Casteddu" *Enzo Allia *

 
Il richiamo "d'i rocchi i Casteddu"
*Enzo Allia *
            "Caru Enzu, i rocchi i Casteddu chiamanu sempri" mi disse tempo fa il maestro Filippo Marzullo ed è proprio vero!
            Io abito a Catania da oltre 50 anni e, pur apprezzando la città in cui risiedo, sono e resto orgogliosamente <criotu>, perché in Ucria ho le radici ed è sempre vivo in me il richiamo del paese natio, dove ritorno sempre volentieri.
            I ricordi e gli affetti legati alla mia infanzia mi scaldano il cuore e i colori, gli odori, i sapori e il cielo stellato che vi ritrovo, lo rallegrano.
            Numerose sono le occasioni che mi sollecitano a tornare: la Novena di Natale, riportata al mattino presto come quando ero bambino e mia mamma mi svegliava al passaggio dello zampognaro. Grazie a Padre Carmelo, oggi la Novena si è ancor più colorata di fraternità. Finita la Messa  si è tutti invitati ad entrare in sacrestia per sorbire un buon caffè caldo, da lui preparato con fatica e con amore e nello scambio di saluti e parole, cresce l'amicizia.
            Le feste del Signore della Pietà: del 3 maggio e del 14 settembre sono momenti di fede a me molto cari, che mi piace vivere insieme al miei compaesani.
            Anche il mese d'agosto è un tempo in cui non riesco a preferire nessun altro posto al paese dove sono nato: il caldo non toglie il respiro e si dorme meravigliosamente di notte.
            C'è poi la festa della Madonna del Rosario, a cui mio padre era particolarmente legato e che considerava la festa più bella e più ricca. Molto probabilmente perché erano già state vendute le nocciole, che per tante famiglie costituivano, forse, l'unica fonte di reddito.
            Per i bambini, <a fera> era più "sostanziosa": genitori, nonni, zii, riuscivano ad essere generosi e in tanti ci avvicinavamo alle bancarelle per avere finalmente il giocattolo desiderato!
            A novembre, poi, è facile incontrare parenti e amici che come me vivono lontano da Ucria, perché l'affetto e il ricordo dei nostri cari ci riporta a visitarli.
            Da quando è arrivato il metano, vera benedizione del cielo, trascorro ad Ucria, non solo le vacanze di Natale, ma anche quelle di Pasqua.
            E uno degli appuntamenti che mi sta particolarmente a cuore, è la partecipazione alla processione della "Domenica delle palme".
            Ancora mi risuona nel cuore e nella mente l'invocazione, che ha sapore di preghiera, tramandataci dai nostri antenati, che dal cuore sale verso il cielo mentre si attraversa il paese: “Ramu d'alivi, scocca di ciuri, ccumpagnamu lu nostru Signuri".
            Grande è stata l'emozione quando l'ho risentita dopo tanti anni!
            Per noi bambini, a quei tempi, era proprio una grande festa l'andare in processione con in mano un rametto di alloro o di ulivo, infiocchettato e adornato con arance, mandarini, limoni e qualche fiore. Le palme erano rarissime ed io allora ho desiderato tanto averne una, ma era privilegio di un mio compagno di scuola che aveva gli zii a Sinagra. C'era, però, in tutti tanta allegria e tanta fede!
            Anche quest'anno sono tornato ad Ucria per la processione della Domenica delle  palme ed ho provato grande gioia perché c'era tanta gente che vi partecipava e numerosi erano i bambini.
            Il vedere poi "Santo" che portava un enorme ramo di alloro, mi ha fatto rivivere il tempo della mia infanzia, in cui gli uomini si caricavano sulle spalle, frondosi rami o fra le braccia, grossi fasci di rosmarino, avvolti nello scialle che, per molti, d'inverno era il loro cappotto.
            Mi auguro che le belle e sane tradizioni, che riescono ancora a parlare al cuore, siano custodite e consegnate alle nuove generazioni, come prezioso scrigno di un passato che si apre al futuro!



Foto di Peppino Lembo

Foto di Peppino Lembo

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