giovedì 14 aprile 2016

‘A ZIA NINA ‘A TATALUCI * Angela Niosi *

‘A  ZIA NINA  ‘A TATALUCI
* Angela Niosi *

            Faccia larga, ornata da screpolature di rughe che partivano dal bivio degli occhi; occhi scuriti dalla vita e dal sole dei campi, occhi assottigliati, per non voler vedere troppo.
Bocca lunga ma con poco spessore, forse consumata nel tempo per le imprevedibili risate e le troppe parole dette.
            Un corpo quadrato, immaginato sotto abiti che la coprivano fino ai piedi, abiti morbidi e rilassati impregnati degli odori di cucina.
            Grandi mani, capaci di trattenere il mondo, mani che quando ti accarezzavano sentivi il calore dell’estate sulla pelle.
            In testa, un miscuglio di capelli disegnati in bianco e nero, trattenuti da un tuppo che si faceva sempre più piccolo.
            Incuriosivano i piedi di cui si conosceva solo la parte iniziale perché l’abito lungo li copriva ma già capivi che dovevano essere di misura larga.
            Tutto era largo in lei, la corporatura, la risata, la saggezza, quel suo modo di essere ottimista senza neanche saperlo, il suo cuore .
            Mi incantavo guardando le sue grandi mani mentre impastavano il pane, con movimenti rotondi, geometricamente perfetti, o quando raccontava  grosse bugie osservando i miei occhi creduloni;  lei rideva,  mostrando la parte di denti sopravvissuti e mi diceva ”babba e tu ci cridi?” 
            Larga era la sua voce, aveva la capacità di espandersi nell’aria e la sentivi anche da lontano quando ti chiamava per informarti che era pronto il minnittu e che se non ti sbrigavi, se lo mangiava lei.
            Largo era il suo cuore quando ti preparava quelle merende esagerate … grandi fette di pane di casa con sovrapposizioni di melanzane sott’olio, olive e spessi strati di formaggio e pretendeva che dovessi mangiare tutto perché “qui non si sparda niente”.
            Fu proprio a causa di quella sua larghezza che, quando se ne andò per sempre, senza neanche salutarmi, avvertii il vuoto, quel vuoto che occupò il suo spazio ma che lei riusciva ancora a penetrare facendoti sentire la sua presenza.




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