lunedì 15 febbraio 2016

CU SINI? FIGGHIU * Giuseppe Salpietro *

CU SINI? FIGGHIU  
* Giuseppe Salpietro *
Se dovessi dire cosa mi irritasse di più nei rapporti con gli adulti in determinati contesti direi la loro smisurata curiosità.
A Messina camminando per le strade o entrando nei negozi, nessuno mi chiedeva la carta d’identità.
Nei paesi no! Il forestiero s’individua subito, e primo o poi, tra uno sguardo interrogativo e l’altro, qualcuno gli chiederà “a cu appartieni?”.
Capitava anche a me sistematicamente da ragazzo ad Ucria, non appena fosse stata offerta l’occasione minima partiva inesorabilmente la classica domanda a cantilena, con l’espressione sorpresa e nel contempo sospesa in attesa di risposta: “e cu è stu’ figghiolu?...”.
Avvertivo qualcosa roteare, ma il più delle volte, per educazione dovevo soggiacere.
Se provavo a dare una risposta dicendo il cognome di famiglia, aggravavo la situazione, conoscendo già la replica che suppergiù suonava: Salpietru cu?
Ero braccato, vagli a spiegare che mio padre mancava da una vita da Ucria e quasi tutti gli ulteriori fratelli e sorelle erano disseminati in Italia ed all’estero da decenni: due a Perth in Australia, due a Milano, una a Lucca, mio padre a Messina e, al tempo, solo una Angelina, sposata con Tuccio Antonino, detto u Luciu, ad Ucria.
Ed allora veniva in soccorso il soprannome che contava quanto un marchio d’appartenenza, e così, non appena cercavo di tirarmi fuori dalla situazione fornendo quale indizio “i bellisanti”, acuivo il dramma, perché mi nominavano tutta la razza senza mai pronunciare il nome di Salvatore, detto Turi, che richiedeva l’ulteriore specificazione che atteneva alla sua posizione su Google maps: quello che abita a Missina ?.
Il fuoco di fila scemava quando via via si entrava nel merito rivelando, come gioco a carte scoperte, che era quello che lavorava al Provveditorato ed era stato tanto gentile chi paisani in chissà quale occasione.
Un tempo non mi riconoscevo certo nel soprannome, non mi apparteneva certo bellisanti, ma è scontato che i soprannomi nella cultura popolare, hanno radici antiche essendo sopravvissuti per generazioni come veri e propri nomi con i quali potere identificare intere famiglie, riconoscendosi le persone quasi esclusivamente attraverso il loro utilizzo.
            Mentre il cognome trae origine dalla necessità di distinguere individui dal nome uguale, connotandoli in maniera certa attraverso: l'appartenenza ad una famiglia, la pratica di un mestiere, la condizione sociale, una qualità fisica o morale, il luogo di origine, una caratteristica fisica o psicologica , ecc... riassunti nella loro globalità con una sola parola; la necessità di aggiungere al cognome il soprannome è invece dovuta al fatto che il patrimonio dei cognomi in ogni comunità diveniva ristretto, specie se come un tempo, questa interagiva poco con l’esterno.
Era quindi  necessario distinguere le persone con lo stesso nome e cognome, perché man mano che i cognomi venivano cristallizzati nei vari registri amministrativi (anagrafico, parrocchiale, delle imposte, ecc.), perdevano la loro capacità d’individuazione. 
Ed ecco allora che diventava necessaria la nascita di soprannomi, alcuni dei quali, a loro volta, sarebbero diventati successivamente nuovi cognomi; e così via.
Va detto che l'origine dei soprannomi non ha naturalmente seguito regole tali da consentire la conoscenza di come si siano formati. Spesso la loro nascita era banale e rimandava ad accostamenti arbitrari. Ma l'analisi di come questi soprannomi si strutturano, di come e da dove nascevano, della funzione che svolgevano, permette a posteriori di rintracciare alcune tessere del mosaico delle condizioni materiali e culturali di una comunità.
            Ma io tutti questi ragionamenti a dieci anni non li facevo e quindi, mi giravano comunque

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