giovedì 14 gennaio 2016

PROGETTO ZYZ - Salvatore Lo Presti -

Progetto Zyz
- Salvatore Lo Presti -

Nei giorni prima del mio rientro a casa in occasione delle  vacanze per le feste natalizie, a Palermo ho avuto l’occasione di partecipare a diverse attività. Una di queste mi sento di sponsorizzarla, sperando che possa essere per qualcuno un buon esempio da seguire, per migliorare il contesto cittadino in cui ognuno di noi abita, perché, per prendere spunto dalla frase di Ranieri Nicolai, “Ucria è nostra, non rendiamoci complici di un suo ulteriore degrado”, frase che ognuno di noi può, e dovrebbe, fare sua, ovviamente cogliendo il significato che la frase emana, perché se Ucria era nel cuore di Ranieri, ognuno di noi dovrebbe tenere nel cuore il luogo che lo fa, e/o lo ha fatto crescere, cercando non solo di fermare il degrado in esso presente, ma, se possibile di dare una svolta per cercare di riportare un po’ di luce in luoghi dove oggi dominano le ombre.
L’attività che mi sento di sponsorizzare è la riapertura della “Chiesa di S. Maria degli Agonizzanti”.
La riapertura di questa chiesa è stata possibile grazie all’operato dei componenti del “Progetto Zyz”. Questo progetto è stato lanciato dall’Associazione Culturale “La Carovana degli Artisti” e vuole avere come obbiettivo/ambizione, la riqualificazione e la fruizione dei beni monumentali nascosti e/o abbandonati della città di Palermo (che per chi la conosce un minimo sa che sono tantissimi).
Per questo progetto è stata scelta la parola “Zyz” che in Fenicio significa “Fiore” o “Splendente”, perché è questo lo scopo del progetto, “far risplendere” i tesori nascosti di Palermo.
La Chiesa, prospetta su via Giovanni da Procida che, prima degli sconvolgimenti provocati dal taglio di via Roma, proseguiva in via Grande Lattarini formando con la discesa dei giudici (allora unico asse viario) uno croce di strade, risalente al 1508, con funzione di collegamento fra il Palazzo Pretorio e la Vicaria.
Quindi, la collocazione della Chiesa coincise con la sua funzione storica, perché i confrati della omonima Compagnia che in essa ebbe sede, assolvevano al triste compito di assistere spiritualmente i condannati a morte con digiuni e preghiere nei tre giorni precedenti l’esecuzione. La tradizione racconta che nel 1616 alcuni confrati avevano visto un certo Francesco Anello salire sulla forca senza prima essersi pentito delle sue colpe. Per tale motivo le pie pratiche tendevano ad impetrare le conversione del reo, mentre la campana della chiesa, specie nelle ore notturne, ripeteva i suoi lenti e funebri rintocchi tante volte quanti erano i rei da giustiziare. Il momento dell’esecuzione, poi, veniva annunciato attraverso una rete di vendette dislocate lungo tutto il percorso tra la chiesa e il Piano della Marina; allora, un predicatore impartiva la benedizione solenne con il Santissimo ai numerosi fedeli, inginocchiati, che impetravano la salvezza delle anime dei giustiziati.
Dopo essere stata ospitata in un Oratorio della Chiesa di San Girolamo, poi in San Nicolò da Tolentino ed infine in San Vincenzo Ferreri dei “confettieri”, la Confraternità ebbe la sua propria chiesa, costruita nel 1630. Tra il 1778 e il 1784 essa fu rinnovata dalle fondamenta ad opera dell’arch. Antonio Interguglielmi.
La facciata è semplice e severa, secondo schemi compositivi tardo settecenteschi.
Nel corso del rinnovamento effettuato dall’architetto A. Interguglielmi furono distrutte le decorazione in stucco di Procopio e Giacomo Serpotta e alcuni affreschi di Guglielmo Borremans.
L’interno che si può ammirare oggi, è semplice ed è costituito da un’aula terminante in una vasta abside semicircolare: gli  affreschi monocromi raffiguranti storie della SS. Vergine sono opera di Elia Interguglielmi del 1782. All’interno della Chiesa sono presenti tre pale d’altare sulle pareti laterali anche queste ad opera di E. Interguglielmi, ed un SS. Crocifisso ad opera di un intagliatore siciliano ignoto. All’interno della Chiesa sono anche presente 4 statue in stucco raffiguranti S. Girolamo (o Gerolamo, S. Hieronymus), S. Agostino (S. Augustinus), S. Gregorio Magno (S. Gregorius M.) e S. Ambrogio (S. Ambrosius), padri della Chiesa.
Di magnifica fattura è l’altare maggiore, in marmi policromi, in cui si inseriscono rilievi eseguiti da Ignazio Marabitti; al di sopra di esso troneggia il quadro della “Madonna degli Agonizzanti” del XVIII sec. raffigurante un condannato a morte assistito dai confrati che pregano perché la sua anima venga accolta in cielo; in fondo il carcere della Vicaria e la Chiesa di S. Maria di Portosalvo contestualizzano la narrazione e costituiscono documento delle tristi consuetudini del tempo.

Un quadro, che rappresentava l’uso dei “confratelli che si adoperavano per salvare l’anima dei giustiziati, già in sacrestia, oggi si trova al Museo Diocesano.











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