martedì 15 dicembre 2015

IL SOGNO INDUSTRIALE * Giuseppe Salpietro *



Ci fu un tempo ormai lontano a cavallo degli anni settanta, in cui ad Ucria si respirava  un’aria di rinascita industriale che avrebbe comportato una ventata di benessere certo e diffuso. Un clima di riscatto dalla dura attività agricola che per secoli aveva connotato l’economia locale, dando si sostegno ai tanti, ma in quantità appena sufficiente al vivere quotidiano. Solo per “campare”.
Fu un tempo nel quale nelle strette vie del paese rumoreggiavano incessantemente le macchine per maglieria azionate da centinaia di giovani ed energiche donne che, per alcuni lustri, si sentirono le magliaie di Carpi, ricche di sogni e speranzose per il loro futuro.
Iniziò così, ma passò veloce come la scia di una meteora, il fenomeno della tradizione artigianale tessile di Ucria, paese dei Nebrodi, divenuto solo per poco tempo, capitale siciliana nella produzione di maglierie.
Nel poema omerico l’Odissea, il povero Ulisse dopo avere conquistato Troia, lottò contro il fascino irresistibile dei suoni emessi dalle Sirene che attiravano i marinai di passaggio, i quali ammaliati, s’avvicinavano imprudentemente alla costa rocciosa restandone vittime.
Non fu la stessa impresa epica, ma certamente il fascino dei suoni c’era ( quello meno melodioso delle macchine da cucire, delle macchine da taglio per tessuti e dello sbuffare dei ferri da stiro industriali ) e fu difficile resistervi.
In quel tempo, erano in tanti che tornavano a villeggiare al paese nei mesi estivi ed uno di questi si fece particolarmente notare per il suo raggiunto benessere,  a parere dei più smisurato, accompagnato da chiara ed indiscussa fama di capace imprenditore.
Il nostro amico, messo alle strette dai vecchi compaesani non fu parsimonioso nell’offrire consigli, quanto questi, nutriti dei suoi suggerimenti, si dimostrarono particolarmente bramosi di iniziare un’avventura imprenditoriale totalmente nuova per il territorio montano: i maglifici.
 Alcuni dei primi pionieri:  Gino Murabito, i fratelli/cugini Martelli, Nino Vinciullo, Nino Aquilia, Vincenzo Maturi e Gino Nicolai, strinsero i primi accordi che diedero vita alla “Createx”, primo rudimentale opificio manifatturiero che incominciò a prendere vita non lontano dalla piazza del paese dove,  agli albori,  si incominciarono ad effettuare le prime prove con la produzione di magliette a girocollo, e successivamente con i maglioni dal collo alto e rivoltato,  perfettamente aderente, conosciuti come dolcevita. Non erano certo capi sartoriali, anzi ordinari e quasi totalmente acrilici, ma l’entusiasmo montava incessantemente come la produzione. D'altronde, la commercializzazione della merce non costituiva primario problema, perché in loco veniva effettuato solo il confezionamento  su un modello base predisposto per conto di terzi. In sostanza, il prodotto veniva realizzato dal c.d. “fasonista” sulla base di un modello di riferimento e con materiale semilavorato, come ad esempio il tessuto precedentemente tagliato altrove,  e poi, il prodotto finito veniva prevalentemente commercializzato con marchi altrui.
La paga non era poi altissima, in fondo i piccoli industrialotti del nord, incominciavano così, a piccoli passi, il lungo ed infinito processo di delocalizzazione (ancora in corso), che avrebbe toccato prima l’estremo sud dell’Italia contadina, per arrivare poi lentamente a coinvolgere tutte le aree estere divenute più appetibili in virtù di una retribuzione sufficientemente bassa coniugata ad una scarsa sindacalizzazione. Regola di mercato aurea che non conosce etica, resta sempre quella di massimizzare i profitti.
Il miracolo economico del settore manifatturiero aveva avuto inizio. Il germe piantato ad Ucria, si diffuse ben presto in tutti i paesi vicini: a Sinagra, a Naso, a Castell’Umberto, ma anche a Brolo, Capo d’Orlando, Torrenova e Sant’Agata di Militello, portando ad un inarrestabile reazione a catena che pareva trascinare l’economia locale verso quella che sembrava la tanto attesa, vera, vocazione industriale.
Gli effetti furono palpabili nel volgere di qualche anno, la manodopera locale non fu più sufficiente e si dovette ricorrere anche a maestranza che giornalmente giungeva al paese dai vicini territori di Raccuia, Castell’Umberto e financo Tortorici .Tutti, se l’avessero voluto, avrebbero trovato laboriosa occupazione come operai/e, a tutto beneficio del loro reddito complessivo.
Ad un passo dal cielo.
Era come essere a San Giovanni Rotondo, dove per merito di un anziano monaco, poi Santo, l’economia incominciò a rullare come fa un aereo in fase di decollo,  diffondendo a cascata i suoi positivi effetti su tutti gli abitanti. Avvenne così il primo miracolo, quello economico, ingiustamente  mai attestato o riconosciuto come tale dalla procedura canonica.
Già qualche tempo dopo, la maturata esperienza produttiva fece incominciare, in un locale prospiciente la strada statale 116 a Santa Caterina, la realizzazione di giubbotti e pantaloni in tessuto jeans, e poi, nel volgere di poche stagioni, la produzione talvolta “arrangiata” in minuscoli ambienti, fu trasferita progressivamente in locali sempre più organizzati, dove squadre di infaticabili operaie geometricamente allineate e costantemente con il capo chino, producevano  merce per le più blasonate griffe internazionali: Armani, Valentino, Trussardi, Fendi, Gucci, D&G …
Ci fu un tempo pure, per  avviare forme aggregative comuni con il “Consorzio Tessile Siciliano” che ebbe sede a Sinagra in Via San Biagio. Lì, infatti, come in altri siti si era spostata gran parte della produzione che usciva di fatto dalla ristrettezza dei luoghi ucriesi che non furono mai capaci di dotarsi, nonostante gli annunci, di una vera area artigianale.
In quegli anni, la Fiat produceva un’orribile autovettura commercialmente sostenuta nell’immagine dallo slogan  pubblicitario “Ritmo, l’evoluzione della specie”. Nonostante l’estetica non suscitasse particolare entusiasmi, aveva un nome che evocava un movimento musicalmente piacevole ed allegro. Similmente nello stesso periodo storico, anche Ucria appariva parimenti in evoluzione e ben più vicina nella sua diffusa mentalità imprenditoriale alla Milano “da bere”. 
Quanti e quali  siano stati i risultati positivamente terreni che ne scaturirono è difficile dirlo, ma sicuramente tanti: amori, matrimoni, sicurezza economica, case, mobili, “picciriddi”, impegni da onorare e pure tante belle cambiali da pagare per chi ebbe il coraggio e la voglia di rischiare imbarcandosi nell’avventura.
Il sogno infatti fu effimero ed il fiammifero con la capocchia al  fosforo dopo l’allegra scintilla, arse con naturale velocità nelle mani del suo sbigottito detentore.
Sarebbe lungo l’elenco delle numerosissime realtà imprenditoriali che coinvolsero gli ucriesi:
-          il Maglificio Gama’s che ha iniziato l’attività nel 1982 con Paolo Martelli a Santa Caterina;
-          il Maglificio Simar di Giuseppe e Rosaria Murabito di Via San Biagio a Sinagra;
-          il Maglificio Stemon di Francesco Maturi con sede a Capo d’Orlando;
-          il Maglificio 3M di Maria Vinciullo con sede in Via Padre Bernardino;
-          il Picchio di Signorino Martelli con sede a Brolo;
-          la Futur Moda di Martelli Maria con sede in Via Carmine ad Ucria;
-          la Alexmoda di Paolo Martelli Paolo con sede a Castell’Umberto;
-          la Decormoda di Paolo Martelli con sede ad Ucria in Via Padre Bernardino;
-          la Elvis di Rosalia Martelli con sede in Via Provinciale di Sinagra;
-          il Maglificio Stefj di Ernesto Ricciardi con sede a Gioiosa Marea;
-          la Confezioni Primula di Gabriele Martelli con sede in Via Padre Bernardino;
-          la Confezioni l’Emanuela di Emanuela Maturi con sede in Via padre Bernardino;
-          il Maglificio Gabry di Giuseppe Verdura con sede in Via Francesco Crispi ad Ucria;
-          il Maglificio Esseci di Salvatore Cugno con sede in Via Francesco Crispi ad Ucria;
-          il Maglificio Aemme di Maria Casella con sede in via San Biagio a Sinagra;
-          la Sara Sport di Rosaria Maturi con sede ad Ucria in Via Padre Bernardino;
-          la Confezioni Guglielmo di Salvatore Murabito con sede in Via Crispi di Ucria
-          il Maglificio Sara di Anna Casella in Via San Biagio a Sinagra;
-          la Texconf di Francesco Maturi con sede a Sinagra in contrada Gorghi;
-          il Maglificio C.D. Carpe Diem di Francesco Maturi con sede in Via Guttuso a Sinagra.
Per ultimo cito “Carpe diem”, per il suo significato letterale (da Wikipedia) "cogli il giorno", troppo liberamente tradotto in "cogli l'attimo", anche se la traduzione più appropriata sarebbe "ruba un giorno (al tempo)", ovvero una sorta di invocazione a cercare di porsi al di fuori dall'interminabile e continuo ciclo "distruttore" dell’addivenire.
Oggi il deserto industriale si è riappropriato come la gramigna dei luoghi. Non si sente né il ticchettio frenetico delle macchine da cucire, ma badate bene, neanche il suono ben più armonioso delle nocciole “paliate”.

E’ sceso il silenzio.









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